Ghetto romano: voluto dal Papa, abolito dal Re

Il 26 luglio 1555, per ordine di Papa Paolo IV, il nobile avellinese Gian Pietro Carafa, inizia la costruzione di un lungo muro intorno ad un’area di poco più di un ettaro. L’opera, pagata dall’Università degli ebrei, verrà ultimata il 3 ottobre. La bolla del 12 luglio prevedeva che gli ebrei avrebbero dovuto essere rinchiusi di notte all’interno di quella recinzione, Nasceva il ghetto romano, come il “gheto” veneziano che esisteva da quasi quarant’anni. Ampliato da Sisto V fino a raggiungere i tre ettari, aperto ai tempi della prima Repubblica Romana, richiuso con il ritorno di Papa Pio VII, ingrandito da Leone XII, abbattuto da Pio IX che fece demolire proprio il muro, che poi simbolicamente ripristinò dopo la caduta della Repubblica Romana del ’49. La sua abolizione definitiva si dovrà a Re Vittorio Emanuele II. Il figlio di Carlo Alberto ricordava l’esempio paterno a favore dei diritti civili e politici riconosciuti agli ebrei ed ai valdesi prima della proclamazione dello Statuto, nel 1848. Nel 1888, buona parte delle antiche stradine e dei vecchi edifici del ghetto furono demoliti creando così tre nuove strade: via del Portico d’Ottavia (già via della Pescheria), via Catalana e via del Tempio. La sinagoga, il Tempio Maggiore di Roma, fu inaugurata il 29 luglio 1904 da Re Vittorio Emanuele III.